I dati sull’imprenditoria artigiana ci pongono di fronte ad un significativo ridimensionamento della componente giovanile, le cui aziende nell’area fiorentina, secondo le ultime rilevazioni, sono passate dalle 3.781 del 2013 alle 1.884 del primo trimestre del 2025. Questo fenomeno è, a mio avviso, dovuto sostanzialmente a tre aspetti. Il primo è di natura demografica ed è crudamente numerico. Mio figlio è nato nel 2000, anno in cui le nascite sono state il 50% in meno rispetto al 1969, quando invece sono nato io: è evidente che questo dato, nella sua essenzialità, ci dice che oggi i 25enni potenziali imprenditori sono il 50% in meno di quelli che erano quando io ho compiuto 25 anni. Il secondo aspetto è che i nostri giovani migliori, non necessariamente talenti ma almeno ben formati, sono corteggiati da imprese strutturate che possono offrire contratti di lavoro accattivanti e welfare aziendale, così che i ragazzi di valore - sempre meno a causa del calo demografico – non sono attratti e motivati dall’intraprendere un percorso da piccolo imprenditore rispetto all’opportunità di entrare in una grande azienda con un buono stipendio iniziale e opportunità di carriera. Il terzo aspetto è di natura culturale: negli ultimi anni, del fare il piccolo imprenditore - che al 90% significa operare nell’artigianato o nel commercio – sono state diffuse e consolidate informazioni e conoscenze degli elementi negativi, come il sacrificio, i carichi fiscali e burocratici, i rischi, eccetera, lasciando in ombra quelle che invece sono le grandi potenzialità. Quali? Una su tutte è che fare il piccolo imprenditore è strumento per realizzare sogni, desideri e passioni. Ma è anche rimasto, a parte l’altissima formazione universitaria, l’unico ascensore sociale a disposizione dei giovani nel nostro Paese.
Camera News n. 14/2025 (1-31 agosto 2025)